Varie
08, Sep 2011

Prima direzione di lavoro per il sistema Italia: un nuovo mercato del lavoro

Quali interventi strutturali dovrebbero essere perseguiti per agevolare la crescita delle imprese italiane? Un importante insieme di interventi concerne il mercato del lavoro ed in particolare, secondo quanto espresso dal dott. Visco al Senato (cfr. post precedente), il corretto inquadramento della contrattazione aziendale e territoriale, l’aumento della fluidità del processo di riallocazione del capitale umano, il superamento delle attuale dualità del mercato del lavoro, la riforma del sistema di sicurezza sociale e un più marcato sostegno ai segmenti che hanno maggiore difficoltà di inserimento o di permanenza.

La riconfigurazione del mercato del lavoro richiede il conseguimento di un duplice obiettivo. Il primo riguarda l’aumento delle condizioni di economicità nelle quali possono operare le imprese italiane, elemento non banale in un mercato globale nel quale alcune centinaia di milioni di cinesi lavorano ad un quinto (almeno) del costo medio del personale di una PMI italiana. Il secondo concerne lo sviluppo di nuove forme di protezione sociale data la rigidità assunta, nel corso degli anni, dal nostro sistema pensionistico, e ciò anche al fine di non assistere alla formazione di uno cospicuo gruppo di homeless cinquantenni, in buona misura diplomati e laureati, che vagheranno in attesa di maturare il diritto alla pensione.

Ma esaminiamo le proposte presentate dal dott. Visco in Senato:

1. Rafforzamento della contrattazione aziendale e territoriale e fluidità del processo di riallocazione:

“La valorizzazione della contrattazione aziendale con il consenso delle parti sociali e l’eliminazione di tutte le incertezze applicative sono obiettivi da perseguire. La contrattazione decentrata è in atto in paesi con tradizioni di relazioni sindacali non troppo dissimili dalla nostra. La contrattazione non può tuttavia sostituirsi a un’adeguata disciplina normativa. Le tutele dei rapporti di lavoro e il sostegno alle persone senza un impiego devono essere coerenti tra loro e volti a facilitare i processi di riallocazione dei lavoratori tra imprese e settori, superando l’attuale segmentazione del mercato del lavoro. La fluidità del processo di riallocazione è condizione essenziale per assecondare la trasformazione dell’economia italiana e sospingerne la crescita.” (pag. 17 e 18 della Testimonianza, grassetto nostro). La riallocazione del capitale umano è probabilmente uno dei temi più difficile da disegnare, dati i forti vincoli storici e sociali alla mobilità in Italia;

2. Superamento del dualismo del mercato del lavoro:

“Le riforme realizzate negli ultimi 15 anni hanno facilitato l’accesso al mercato del lavoro in molteplici situazioni particolari, ma ne hanno accresciuto il dualismo. È tempo di procedere a un riesame complessivo dei meccanismi di regolamentazione dei rapporti di lavoro e della coerenza di questi ultimi con il sistema di sicurezza sociale. Sotto il primo profilo, è prioritario riequilibrare la convenienza relativa nell’utilizzo di contratti a termine e contratti a tempo indeterminato, superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi.(pag. 18, grassetto e sottolineato nostro). Riuscire ad incentivare l’assunzione a tempo indeterminato rappresenterebbe un grande passo in avanti per le giovani generazioni e per le stesse imprese, data la maggiore efficienza economica ed operativa assicurata da questa soluzione rispetto ad alcune forme contrattuali oggi vigenti;

3. Riforma del sistema di sicurezza sociale:

Sotto questo profilo il dott. Visco prosegue proponendo due linee di riforma: “Vi si dovrebbe accompagnare una riforma sistematica degli ammortizzatori sociali, volta ad affermare l’universalità della copertura. Un istituto assicurativo contro la disoccupazione, simile all’attuale indennità ordinaria, e uno strumento di sostegno all’occupazione nelle fasi sfavorevoli del ciclo, come l’attuale CIG ordinaria, possono costituire gli elementi della nuova struttura di ammortizzatori. L’accesso a entrambi andrebbe esteso a una platea più ampia, eliminando così segmentazioni inefficienti e inique; il finanziamento dovrebbe riflettere l’intensità dell’utilizzo, limitando gli usi impropri dei singoli strumenti.” (pag. 18, grassetto e sottolineato nostro). Il tema, che abbiamo già toccato nella parte iniziale del nostro post, è fondamentale se non si vuole assistere alla disgregazione del tessuto sociale, esponendo anche il mondo dell’impresa a nuovi e maggiori rischi.

4. Aiuto ai segmenti che hanno maggiore difficoltà di inserimento:

“Per stimolare la partecipazione al mercato del lavoro delle componenti che hanno una maggiore difficoltà di inserimento o di permanenza in condizione di occupazione, soprattutto quella femminile, sono rilevanti anche politiche di contesto, come la fornitura di servizi di cura, e il disegno del sistema fiscale. La riforma dell’imposizione e dell’assistenza dovrà disegnare un sistema che renda quanto più favorevole la partecipazione al mercato del lavoro di tutti, ma in particolare delle donne.

Il sostegno al reddito delle famiglie numerose e maggiormente bisognose e l’incentivo al lavoro possono essere coniugati con schemi di bonus fiscale, di importo decrescente al crescere del reddito familiare equivalente, condizionati alla presenza di un reddito da lavoro regolare in capo a ciascun coniuge, sull’esempio di analoghi schemi adottati negli Stati Uniti (Earned Income Tax Credit, EITC) e nel Regno Unito (Working Tax Credit, WTC).

Parte delle risorse che si dovessero rendere disponibili da un innalzamento dell’età pensionabile delle donne potrebbe essere utilizzata per favorire l’occupazione femminile.” (pag. 18, grassetto nostro).

Come si può osservare sono tutti temi di intervento molto attuali e concreti, che richiedono riflessioni e valutazioni accurate prima di essere implementati ma che, al contempo, possono consentire al nostro sistema produttivo di colmare parte degli svantaggi competitivi che si sono stratificati nel corso degli anni. Il problema, però, non è solo di natura giuridica o fiscale ma, prima di tutto, culturale: gli italiani hanno seriamente desiderio di riprendere a lavorare bene e molto, oppure no? La risposta non è poi così scontata …